Due incontri, due serate per parlare duri ed attuali come la criminalizzazione della solidarietà e la privatizzazione dei beni comuni.
Due serate con molti ospiti: da Padre Alex Zanotelli che ci parlerà della quotazione in borsa dell’acqua a Francesco Martone, della rete In Difesa Di, che dall’Ecuador testimonia la lotta dei difensori della Terra; da Yohana Lopez di Justicia y Paz Colombia a Francesca Nugnes di PBI, sull’aumento delle violazioni di diritti umani in Colombia, ma anche gli strumenti di organizzazione e resistenza delle comunità; da Stefano Bleggi di Meltin Pot Europa, a RiVolti ai Balcani che ci portano i racconti e le denunce verso chi aiuta migranti e rifugiati in Italia.
E, ancora, i contributi di municipi catalani e della rete REDS di Barcellona, già impegnati come territori In Difesa Di, al fianco di chi difende i diritti nel mondo.
Questo doppio appuntamento chiude la parte seminariale del percorso di costruzione di Trento quale Città in difesa di: durante le due serate verranno aggiunti alcuni tasselli al complesso mosaico in cui ci muoviamo quando parliamo di difesa delle e dei difensori dei diritti umani.
A novembre c’è stata occasione per riflettere sulla forte pressione della dimensione pandemica sull’aumento di minacce e di assassinii mirati contro HRD: in questo doppio appuntamento, invece, saranno la questione della criminalizzazione della solidarietà e la sua connessione con la finanziarizzazione delle risorse, a partire dall’acqua, i temi centrali del dibattito organizzato dalle associazioni del Nodo Trentino, in collaborazione con Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università degli Studi di Padova, Terra Nuova, Un Ponte Per , con il contributo dell’Otto per Mille della Chiesa Valdese e il sostegno della Provincia Autonoma di Trento.
Acqua e solidarietà. Le restrizioni alle azioni di chi difende i diritti umani e i beni comuni
La quotazione in borsa dell’acqua – dello scorso 7 dicembre – è l’emblema della privatizzazione della vita, e viola i diritti umani. E’ direttamente responsabile di guerre, carestie, migrazioni e sfollamenti forzati di intere popolazioni. Chi si oppone all’accaparramento delle risorse vitali, e alla difesa di territori e culture, viene minacciato o ucciso. Chi difende le e gli attivisti, viene criminalizzato. Chi fugge dalle conseguenze della scarsità e della privazione dell’acqua, viene incarcerato, e così, chi si mette coscientemente dalla loro parte.
Un aspetto preoccupante del momento storico che stiamo vivendo, è dunque la criminalizzazione di una solidarietà che possiamo definire militante, attenta alle radici politiche ed economiche dei fenomeni di impoverimento e di conflitto sociale.
Per una giustizia globale: strumenti ed iniziative
Il focus della seconda parte di seminario, prevista per il 30 aprile, è sul “Laboratorio Colombia” con Peace Brigades International e Justicia y Paz Colombia.
Si analizzeranno soluzioni, pratiche e metodologie verso la costruzione di un osservatorio europeodei diritti umani e per la giustizia globale, capace di promuovere la diversità culturale e lotta contro la discriminazione, con alternative socioeconomiche trasformatrici.
Rilanciamo questa lettera, nata dal lavoro congiunto e dalla collaborazione della rete di soggettività che concorrono a comporre il Coordinamento Accoglienza Vallagarina, con cui anche il Forum è in dialogo.
Le scelte adottate ormai più di due anni fa dall’Amministrazione provinciale rispetto all’accoglienza di persone migranti e richiedenti asilo hanno rivelato i limiti e le incongruenze che fin dal principio numerose realtà associative della società civile avevano segnalato. Molti avevano allora obiettato che allontanare quelle donne e quegli uomini (arrivati in Trentino da Paesi disastrati) da soluzioni abitative distribuite sul territorio dove costruire condizioni di accoglienza e rispetto, per concentrarli in poche strutture, era una soluzione che si sarebbe ben presto rivelata inadeguata da ogni punto di vista.
Per molte di queste persone che stavano sperimentando forme di inserimento nelle comunità attraverso la scuola e il lavoro, si è interrotto un cammino, alcune opportunità sono state perdute, con effetti sulla dispersione scolastica e con la riduzione di diritti fondamentali (che per altro la magistratura ha ben presto riconosciuto come legittimi).
La concentrazione a Trento dei migranti e richiedenti asilo in centri inadatti allo scopo soprattutto in questo periodo di pandemia, e la riduzione dei servizi a poco più che vitto e alloggio, non ha prodotto alcun risultato positivo.
Il personale volontario è stato invitato a “starsene fuori” e decine di ragazzi hanno perso riferimenti che si erano rivelati preziosi per la costruzione di un proprio futuro. Alcune Associazioni hanno continuato ad assicurare sostegno e aiuto, ma quanti sono arrivati nel nostro Trentino dopo il 2018 hanno trovato servizi gravati da difficoltà e divieti che hanno impoverito quel tessuto di accoglienza che il precedente sistema aveva costruito.
Da qualche tempo, finalmente, l’amministrazione provinciale ha riconosciuto l’opportunità di chiudere anche la residenza “Fersina” e di ricollocare in modo più decoroso il centinaio di persone che ancora vi alloggia, per le quali, con la collaborazione di realtà che operano nel campo dell’assistenza e dell’accoglienza, sono state individuate delle soluzioni abitative alternative. A seguito di questo orientamento i soggetti coinvolti hanno assunto impegni, modificato i propri piani di lavoro, destinato del personale.
Ora la Provincia ha rimesso tutto in discussione e per quei cento “dimenticati” tutto torna in alto mare.
Il “fai e disfa” non giova a nessuno: non ai migranti che hanno visto alcuni di loro lasciare la struttura e sono rimasti spettatori; non a una prospettiva di accoglienza diffusa di cui molti cittadini hanno sperimentato la validità. Non possiamo stare zitti di fronte a questo ennesimo esempio di improvvisazione.
Un’ultima osservazione: molti di coloro che sono stati concentrati nelle strutture di raccolta e lì parcheggiati e seguiti in modo discontinuo, non hanno ancora acquisito gli strumenti necessari – la conoscenza della lingua italiana in primo luogo – per vivere in senso pieno la vita nel nuovo contesto. Ciò li pone in una condizione marginale, provvisoria e insignificante rispetto a quanti potrebbero invece guardare a loro come a nuovi cittadini e al tessuto sociale in cui dovrebbero inserirsi.
Le associazioni che firmano questa presa di posizione si associano alla Fondazione S. Ignazio e a quanti con essa hanno sottoscritto il comunicato stampa recentemente pubblicato e auspicano che finalmente esca dall’ombra una realtà che la pandemia può aver allontanato dai nostri pensieri, ma che continua a gridare la sua insostenibilità.
1. La Provincia autonoma di Trento, in coerenza con i principi costituzionali che sanciscono il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, la promozione dei diritti umani, delle libertà democratiche e della cooperazione internazionale, riconosce nella pace un diritto fondamentale degli uomini e dei popoli, favorendo l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, sulla base del principio di sussidiarietà. […]
3. La Provincia autonoma di Trento promuove inoltre una migliore conoscenza dei problemi della pace, dei diritti umani, della solidarietà tra i popoli e delle modalità non violente di risoluzione dei conflitti, avvalendosi prioritariamente delle iniziative, degli studi, delle ricerche e della documentazione di cui alla presente legge.
Art. 1, commi 1 e 3, l. prov. del 10 giugno 1991, n. 11
L’architettura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza così come il Next Generation EU pongono l’attenzione – quantomeno sulla carta – sullo sviluppo di progettualità sulle quali investire in modo innovativo i fondi che derivano da questa crisi e finalizzando queste progettualità a superare le condizioni pre-esistenti che l’hanno generata(4).
In questa chiave, non comprendiamo come l’attribuzione di ulteriori fondi alla spesa militare (che riceverà circa 27 miliardi di euro, pari al 18% del totale dei Fondi pluriennali di investimento 2017-2034) possa concorrere nel senso di immaginare e costruire un mondo più sostenibile e meno disuguale per le future generazioni.
Crediamo che quanto proposto – peraltro nella cornice più ampia della missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” – sia contrario, oltre che al senso del PNRR, anche ai valori espressi dalla nostra Costituzione e dalla legge provinciale n. 11 del 10 giugno 1991 che ha istituito il Forum (art. 1, commi 1 e 3, in particolare).
Crediamo che, per agire sul fronte dell’innovazione e della cultura nel contesto di adeguate politiche di sicurezza, sia necessario rivolgere quegli investimenti al rafforzamento delle strutture del welfare culturale, alle imprese sociali, all’attivazione di progettualità rivolte ai giovani e alle giovani del nostro Paese, specie guardando alle aree periferiche o interne(6).
Crediamo che le spese da effettuare nel contesto della sicurezza non riguardino l’irrobustimento dell’apparato militare né essere rivolte a “mantenere alto il livello di preparazione e capacità operativa dell’intero comparto della difesa e della sanità militare” (p. 68 della Relazione della Commissione Bilancio), ancorché “in sinergia” con la sanità civile ordinaria quanto, piuttosto, questi investimenti dovrebbero rivolgersi a garantire, su tutto il territorio nazionale, una sanità pubblica territoriale, accessibile e laica.
Crediamo che l’incremento della capacità militare costituisca un arretramento del progetto costituzionale e di quello europeo, certo non fondati su una cultura pacifista ma consapevoli del fatto che la continua corsa alle armi può solo che generare mostri.
Crediamo che continuare a considerare il quadrante mediterraneo in termini strategici o militari contribuisca a rendere il nostro mare un luogo di silenzio e morte.
In definitiva, condividiamo quanto espresso dalla Rete Italiana Pace e Disarmo(7), cui anche il Forum trentino per la pace e i diritti umani aderisce: “La nonviolenza politica è lo strumento e il fine che bisogna assumere. Per questo è prioritario orientare il rilancio del nostro Paese ai principi ed ai valori della pace: il Piano deve essere l’occasione per investire fondi in processi di sviluppo civile e non sulle armi”.
Crediamo che il PNRR, se manterrà l’approccio descritto dalla Relazione della Commissione Bilancio così come approvata, non vada in questa direzione.
Pertanto, chiediamo al Consiglio, ai Consiglieri e alla Consigliere di prendere posizione, anche nell’ambito delle iniziative e della discussione d’Aula attorno alle indicazioni che la Provincia Autonoma di Trento dovrà fornire al Governo su questo tema.
Per il Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
A seguito del drammatico incendio avvenuto martedì 30 marzo a Trento che ha distrutto completamente il riparo di fortuna che “ospitava” una ventina di persone, sorgono spontanee alcune riflessioni.
La prima considerazione è legata all’uso delle parole che troppo spesso si leggono e si sentono sui nostri media. Ancora una volta, appena saputo dell’incendio, e senza che si avessero informazioni certe su chi fossero gli “abitanti” della struttura abbiamo letto la parola: “clandestini”. Ormai clandestino è una definizione che ha quasi solo valenza politica (negativa).
In realtà invece la quasi totalità delle persone che occupavano la struttura (provenienti in maggioranza dal Pakistan ma anche da Marocco e Nigeria) erano richiedenti protezione internazionale e senza dimora. Alcuni in attesa di entrare nel sistema di accoglienza e altri lo avevano dovuto lasciare. Sono persone riconosciute come portatrici di diritti sanciti dalla Costituzione e dalle normative vigenti. Ma forse ‘clandestini’ lo sono nel concreto perché questo silenzio, questo voltare la faccia, questo continuo negarne l’esistenza spingono donne e uomini in quella clandestinità che si determina con l’indifferenza e il rifiuto; due modalità di gestione alimentate ad arte per generare le paure e il rancore nel quale scavare per costruire il consenso.
L’incendio ha portato nuovamente alla luce il problema non più rinviabile dei senza dimora a Trento: molte delle persone che si rifugiavano nella struttura abbandonata in via Lungadige a Trento erano stati ospiti dei dormitori che sono stati chiusi in questi giorni.
Non si tratta di un’emergenza, né tantomeno di un fenomeno legato al freddo: sono persone che non hanno un tetto, che non hanno accesso ad un diritto basilare, allo strumento fondamentale per vedere i propri diritti tutelati.
Non si dovrebbe aspettare la tragedia prima di capire che si deve cercare di dare una risposta abitativa a chi è in attesa di essere inserito nei progetti di accoglienza ministeriali: è nell’interesse di tutti, banalmente anche di chi dovrebbe usufruire dei servizi di bassa soglia “in quanto tali” e magari non trova posto perché occupato da chi dovrebbe vedere i propri diritti tutelati da altri percorsi.
Ci preoccupa, dovrebbe preoccupare tutti, il vedere messi in competizione e in contrapposizione bisogni, povertà, vulnerabilità. Le risposte, doverose, non devono avvenire in una sorta di guerra tra poveri, ma garantendo a tutti, italiani e immigrati, giovani e anziani, la tutela dei diritti essenziali.
Salutiamo positivamente l’empatia e la disponibilità dimostrate martedì dall’Assessora comunale Maule, fermatasi a discutere con le persone che nell’incendio hanno perso i loro pochi effetti personali e con le attiviste e gli attivisti del Centro Sociale Bruno, del Gioco degli Specchi e delle altre organizzazioni che stanno seguendo la vicenda e fornendo prezioso supporto ai ragazzi rimasti senza nulla. Riteniamo fondamentale la volontà dell’Assessora e del Comune di Trento di voler risolvere la situazione, ma diventa a questo punto necessario che la Provincia risponda finalmente alle numerose sollecitazioni inviate da più parti sull’argomento.
Una comunità di cura è fondata sul mutuo soccorso, su un uso consapevole e collettivo dello spazio pubblico, sulla condivisione delle risorse e su una democrazia di prossimità aperta a tutte e a tutti.
Da questa consapevolezza deve partire – ora e subito – l’azione delle istituzioni e del terzo settore: è un’urgenza non più rimandabile. Lo vediamo da anni, è diventato ancor più evidente un anno fa, all’esplodere della pandemia, e lo ripetiamo oggi: una società può essere sicura solo se sa prendersi cura di tutte le persone che la abitano. Serve agire e serve farlo ora: per pensare al prossimo inverno e per mettere in campo azioni che siano significative anche per i prossimi anni.
Massimiliano Pilati – Presidente Forum trentino per la pace e i diritti umani Claudio Bassetti – Presidente CNCA
Anche il Trentino si mobilita per condannare le violenze scoppiate in Myanmar a seguito del colpo di Stato militare del 1° febbraio scorso: il Presidente del Forum, Massimiliano Pilati, ha indirizzato una lettera al Presidente della Provincia Maurizio Fugatti e ai Sindaci e alle Sindache dei Comuni trentiniaffinché condannino e chiedano al Governo italiano di condannare il massacro in corso in Myanmar oltre che un impegno concreto per l’immediata scarcerazione di Aung San Suu Kyi e degli altri prigionieri politici.
Il Forum Pace, inoltre, chiede al Presidente Fugatti di fare pressione sul nostro Governo affinché intraprenda azioni per l’immediata cessazione della repressione da parte della giunta militare e il rilascio sicuro delle centinaia di manifestanti pacifici arrestati dalle forze armate. Il Forum Pace, infine, rinnova la richiesta di fare pressione affinché il Myanmar riconosca la popolazione Rhoingya, da anni confinata in campi profughi o costretta ad emigrare e vittima di plurime violazioni di diritti umani.
La preoccupazione della comunità internazionale.
Da quel giorno, infatti, il bilancio giornaliero delle vittime, delle brutalità e degli arresti in Myanmar è in costante aumento: l’UNICEF denuncia la detenzione arbitraria di oltre 700 bambini (11 marzo 2021).
L’inviata speciale delle Nazioni Unite Christine Schraner Burgener evidenzia come “la perdurante brutalità, incluse le violenze contro il personale medico e la distruzione delle infrastrutture pubbliche, mina severamente qualunque possibilità di pace e stabilità” (14 marzo 2021).
Il Relatore Speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani in Myanmar, Tom Andrews già l’11 marzo di quest’anno si è rivolto al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite per esprimere tutta la sua preoccupazione e il suo sconcerto per l’escalation delle violenze in Myanmar: questa situazione è peggiorata ogni giorno. Lo stesso Relatore Speciale, il 15 marzo, ha denunciato: “I leader della giunta militare non appartengono al potere, devono essere messi in prigione. I loro rifornimenti di denaro e armi devono essere interrotti subito”.
Heartbroken/outraged at news of the largest number of protesters murdered by Myanmar security forces in a single day. Junta leaders don’t belong in power, they belong behind bars. Their supply of cash & weapons must be cut now. I appeal to UN member states to heed my call to act. pic.twitter.com/QxuES4Mhii
— UN Special Rapporteur Tom Andrews (@RapporteurUn) March 15, 2021
Anche Amnesty International, l’11 marzo scorso, si è unita al Relatore Speciale Andrews nell’evidenziare la Consiglio dei Diritti Umani il continuo deterioramento della situazione in Myanmar: nella sua nota, l’ONG evidenzia in particolare come – al 7 marzo – fossero 1.790 le persone arrestate, accusate o condannate dal 1 febbraio scorso, moltissime delle quali sono oggetto di sparizioni forzate.
“Superare le sole affermazioni di condanna”.
A fronte di questa continua escalation, Amnesty si rivolge a tutti gli Stati della comunità internazionale per andare al di là delle sole affermazioni di condanna e preoccupazione per la situazione in Myanmar e di intraprendere azioni finalizzate a fermare le violazioni dei diritti umani in atto nel Paese.
Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha richiamato la comunità internazionale ad una presa di posizione, collettivamente e bilateralmente, per favorire la fine della repressione da parte della giunta militare.
Il 15 marzo, inoltre, il Dipartimento di Stato americano ha preso posizione descrivendo la violenza della giunta militare come “immorale e indifendibile”, invitando tutti gli Stati a intraprendere azioni concrete per opporsi al colpo di stato e all’escalation di violenza in Myanmar.
L’uso delle armi: il legame oscuro con l’Italia.
Amnesty International denuncia l’uso di tattiche letali e di un arsenale di armi da campo contro i manifestanti pacifici (4 marzo 2021).
Armi la cui provenienza deve essere attentamente indagata: fonti giornalistiche (Domani, 11 marzo 2021; La Repubblica, 10 marzo 2021), infatti, hanno riportato l’utilizzo di munizioni prodotte in Italia nella repressione delle proteste da parte dei cittadini del Myanmar. Anche su questo, crediamo debba essere fatta chiarezza.
Le ripercussioni sui Rohingya e le minoranze etniche del Nord Myanmar.
Il golpe comprometterebbe ulteriormente la condizione della minoranza Rohingya: la junta potrebbe approfittare della situazione per espellere ciò che resta della popolazione che è rimasta isolata e alla quale le organizzazioni internazionali e umanitarie come ONU e Croce Rossa non hanno accesso, se non tramite personale locale. Amnesty International teme il ripetersi di crimini contro le minoranze etniche nelle regioni di Rakhin, Chin, Kachin, atrocità che i militari hanno commesso ripetutamente, rimanendo sempre impuniti.
Nonostante gli innumerevoli rischi affrontati, comunità da ogni parte del paese hanno continuato a rivendicare pacificamente i loro diritti e chiedere il supporto da parte della comunità internazionale.
Partecipazione giovanile e territori: di questo si è discusso durante la serata Giovani&Comune: l’esperienza delle Consulte giovanili in Trentino, un momento organizzato dal ForumPace e a cui hanno partecipato più di 70 persone, giovani, amministratori e amministratrici, semplici interessati provenienti da Rovereto, Ala, Avio, Brentonico, Ronzo-Chienis, Aldeno, Trento, Lavarone, Luserna, Malé, Ossana, Calceranica, Caldonazzo, Pergine, Folgaria, Lavis, Mori, Merano, Pomarolo, Tenna, Trambileno, Vallelaghi.
Nel corso degli anni, in Trentino sono stati moltissimi gli esempi di comunità che, attraverso processi di attivazione dal basso o con il supporto dei PGZ e delle amministrazioni locali, hanno dato vita a consulte giovanili o consigli dei ragazzi. Non luoghi di semplice ascolto, ma spazi di confronto, dialogo, dibattito e costruzione di un senso condiviso e di comunità.
L’incontro è stato moderato da Riccardo Santoni, coordinatore del ForumPace, e vedrà intervallarsi interventi di giovani, amministratori e amministratrici, insieme a due formatori che si sono impegnati, in questi anni, nel facilitare questi processi: Veronica Sommadossi e Fabrizio Pedron.
Scopo della serata, però, non era quello di ripercorrere il passato ma di costruire insieme una cassetta degli attrezzi per chi vuole dare vita (o nuovo impulso) a queste azioni: l’idea, infatti, è nata dall’interesse di 6 amministrazioni comunali (Rovereto, Ala, Avio, Brentonico, Lavarone e Luserna) per attivare questi strumenti sui propri territori.
Massimiliano Pilati, presidente del ForumPace, ha introdotto la serata: il ForumPace, nel suo trentennale, rinnova il suo impegno per sviluppare percorsi partecipativi e di comunità, forte della sua natura ibrida di punto d’incontro importante tra il mondo dell’associazionismo e delle istituzioni.
La serata è proseguita con Fabrizio Pedron, che ha raccontato il senso della serata attraverso il senso delle consulte e il percorso che porta le amministrazioni e gruppi di ragazzi alla loro creazione, passaggi e processi fondamentali per radicare il senso delle consulte sul territorio.
Il senso delle Consulte per il ForumPace e per le amministrazioni.
Il senso di questi strumenti si riflette nei principi e nei valori solennemente affermati, dalle dichiarazioni internazionali alle leggi provinciali: di questo ha parlato Riccardo Santoni, ricordando come questi organi hanno l’obiettivo di creare un ponte collaborativo costante tra giovani e amministrazioni.
La prima parte della serata ha visto intervallarsi una serie di interventi che hanno visto alternarsi molti voci diverse: Stefania Schir, assessora a Folgaria con la delega alla Cultura, alle Politiche giovanili e Politiche sociali, insieme ai ragazzi e alle ragazze della Consulta ha raccontato la sua esperienza. A Folgaria, la Consulta è stata uno strumento per raccogliere la voce e gli stimoli dei giovani nella pianificazione del futuro, un futuro che sarà il loro presente.
Lo sguardo dei ragazzi e delle ragazze: partecipazione, impegno, comunità.
E’ intervenuta anche Valentina Mustaffi, ex presidente della Consulta dei Giovani di Pergine: dall’esperienza di questa Consulta è emerso come, per le amministrazioni, è stata l’occasione per dar voce a comunità che altrimenti sarebbero rimaste inascoltate mentre, per i giovani, è stata l’opportunità per avere accesso alle decisioni e al dibattito politico delle loro comunità. Un impegno che ha continuità nella nuova consiliatura della Consulta, cui Valentina partecipa come delegata per i Piani Giovani di Zona e in cui il nuovo presidente – Matteo Beltrami – è anche lui al secondo mandato.
Da Pergine Valsugana ci siamo spostati alla zona dei laghi, dove tra Caldonazzo, Levico, Tenna e Civezzano sta nascendo una Consulta intercomunale: ci ha raccontato questo percorso Noemi Zambigli, descrivendo le difficoltà e i punti di forza del lavoro partecipato nato dal progetto Rigenerazioni attivato dai quattro Comuni e da APPM oltre un anno fa.
Un percorso che ha trasmesso l’importanza e la serietà di questo impegno: per questo, oltre alla modifica dei regolamenti comunali per la nascita di questa Consulta, durante questo percorso i ragazzi e le ragazze dei quattro Comuni hanno dato vita ad un regolamento interno e ad un codice etico.
Cosa fanno le consulte.
Dai motivi per dar vita alle Consulte, quindi, ai processi che sono stati realizzati per crearle: Alessandro Rigatti ci ha raccontato il percorso che ha portato alla costruzione del Consiglio comunale dei ragazzi di Novella, uno strumento che, anche se con un nome diverso, mantiene lo stesso scopo delle Consulte. Di più: Novella, comune nato dalla fusione di Brez, Cagnò, Cloz, Revò e Romallo il 1° gennaio 2020, ha visto la nascita del Consiglio comunale dei ragazzi prima di quella del nuovo Comune. Si è trattato di un passaggio simbolico ma anche estremamente importante in quel processo: il Consiglio di Novella, infatti, è stato protagonista di questo percorso.
Ad Andrea Zenatti, invece, il compito di raccontare cosa fanno le consulte dal punto di vista di un veterano delle Consulte. Nella sua esperienza a Terlago, infatti, Andrea ha potuto capire che non esiste un limite a quello che può creare una Consulta […] Voglio dare un messaggio a tutti i giovani e le amministrazioni: tutto quello che potete pensare, può essere fatto. Credete in voi stessi e credete alla vostra amministrazione. E alle amministrazioni: credete nei vostri giovani perché ne vale la pena”.
La prima parte della serata l’ha conclusa Veronica Sommadossi, raccontando il senso delle Consulte per i loro territori. Questi strumenti hanno valore, anzitutto, a livello personale, per i giovani che le partecipano: “si tratta di un percorso di empowerment: capisco chi sono, capisco le mie potenzialità e sono in grado di portare a termine gli obiettivi che mi pongo”.
Sono, poi, strumenti essenziali per i territori e per il loro sviluppo: i ragazzi, le ragazze, che partecipano alle Consulte sapranno come dar vita a processi di partecipazione, a dar vita a strategie nuove per e con le proprie comunità.
La promessa è di non fermarsi qui.
La serata è proseguita con la suddivisione per tavoli territoriali: i Comuni di Rovereto, Ala e Brentonico, Avio, Lavarone, Luserna e alcuni Comuni della Val di Non e della Val di Sole hanno ragionato su come poter attivare le Consulte sui propri territori, confrontando le diverse impressioni, le proposte e i dubbi o i problemi emersi nel corso della serata.
Insomma: un incontro ricco di spunti che si è concluso con la promessa di non fermarsi qui. Così come non si ferma l’impegno del ForumPace: le Consulte sono strumenti importanti ma non obbligatori. Realizzare questi percorsi, dar vita a questi luoghi di partecipazione ha senso solo in quanto strumenti di dialogo e collegamento tra comunità e territori. Si tratta di strumenti per dar nuova linfa alla cultura della partecipazione: se è difficile che i giovani si sentano davvero ascoltati, le amministrazioni devono trovare strategie per riprendere credibilità nei loro confronti. Le Consulte servono precisamente a questo: a dimostrare che le amministrazioni sanno ascoltare i giovani e rispettare gli impegni.
Dopo l’appuntamento dell’8 marzo, lunedì 15 marzo sarà l’occasione per riflettere sul modo con cui i giovani e le giovani vivono temi centrali nella vita di ciascuno, dalla sessualità al rapporto con l’altro: Crescere uomini, infatti, raccoglie le risposte di oltre mille ragazzi alla domanda “come vivete sessualità, pornografia e sessismo?”. Parole preziose, che raccontano di una generazione che non vede più negli adulti dei riferimenti educativi e che delega a YouPorn la propria educazione sessuale e sentimentale.
L’autrice Monica Lanfranco sarà anche la formatrice del corso “Governare le relazioni: so-stare nella crisi. Politica e cittadinanza attiva alla prova della democrazia sessuata”, un seminario di formazione online che si svolgerà il 28 marzo e l’11 e il 18 aprile, dalle 18 alle 20.30.
Una rassegna intensa, che si snoderà tra l’8 marzo, Giornata internazionale della donna, e il 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne: un percorso di senso, che metterà al centro della discussione la lotta contro la violenza e le discriminazioni di genere ma anche temi come la sessualità, la pornografia, il rapporto dei giovani e delle giovani con la sfera degli affetti e con il proprio corpo. E, ancora, spettacoli teatrali, concerti, seminari e percorsi di formazione.
“L’associazione Giovani Arco è contenta di essere una risorsa del territorio, il nostro augurio è che questo progetto si riveli all’altezza delle grandi ambizioni che l’hanno mosso”, racconta Cristina Bronzini, volontaria dell’associazione. “È importantissimo diffondere una cultura diversa, in particolare vogliamo aiutare le donne ad alzare la testa a non sopportare più e a non nascondere la violenza, ma a ribellarsi e a pretendere una vita degna di rispetto e d’amore“.
Nei giorni scorsi, a seguito delle elezioni tenutesi il 20 e il 21 settembre, il Consiglio della Pace, organo del Forum trentino per la pace e i diritti umani, ha inviato una lettera ai sindaci neoeletti dei Comuni della Provincia di Trento. Il contenuto del documento intende stimolare una riflessione e una presa di posizione da parte degli entranti al fine di istituire delle cariche che riescano a concentrare il proprio mandato su tematiche attuali come i diritti umani e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Riconoscendo l’immenso valore dei progetti attivati nei diversi contesti territoriali che negli anni hanno stimolato la coesione sociale e la partecipazione della comunità, il documento mira a sottolineare l’importanza della responsabilità delle singole amministrazioni – e dei suoi sindaci – nel continuare a promuovere azioni di cittadinanza attiva e di sensibilizzazione dei cittadini ai temi della pace e dei diritti umani. Tali elementi sono ormai fondamentali per lo sviluppo di territori e società sostenibili, specialmente se considerato il contesto globale attuale in cui è sempre più forte il legame tra l’agire locale e l’impatto a livello internazionale.
La lettera, firmata dal Presidente del Forumpace Massimiliano Pilati, cita: “il mondo [è] fortemente interconnesso e anche l’amministrazione di un piccolo territorio richied[e] il saper guardare oltre, il saper collegare anche il micro della propria specificità, alla complessità macro del sistema globale.”
Sulla base di queste affermazioni, i neoeletti vengono dunque invitati a considerare tali aspetti nel momento della formazione della Giunta. L’obiettivo desiderato dal Consiglio della Pace del Forumpace sarebbe di vedere inserito nelle amministrazioni un riferimento a questo “guardare oltre”; passo che potrebbe essere compiuto istituendo un assessorato specifico, dando una delega a qualche consigliere o organizzando una commissione. In questo modo si riuscirebbe a richiamare e a sottolineare l’importanza di valori quali la solidarietà, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile, e, in particolar modo, si renderebbe esplicita la consapevolezza del singolo Comune per quanto riguarda il suo ruolo di attore globale e promotore di pace.
Per il Forum trentino per la pace e i diritti umani