The wanted 18, è davvero un bel film, capace di mostrarci l’intricato conflitto israelo-palestinese dal punto di vista della gente comune, ma soprattutto da quello di 18 mucche, divenute famose, le vere protagoniste di questa storia…
Un tentativo di rottura del monopolio del latte israeliano durante la prima Intifada, trasforma queste semplici bestie nel simbolo della ribellione all’Occupazione: occorre assolutamente fermarle, anche se 18 mucche non producono il latte neanche per un villaggio, figurarsi per una città. Si da dunque il via a una surreale “caccia alla mucca”, con i soldati israeliani che mostrano nel quartiere le foto delle ricercate. Gli abitanti di Beit Sahour non compiono solo questo atto di ribellione, ma si attivano creativamente, trasformando gli immotivati coprifuochi in “feste”, come se tutti i piccoli terrazzi messi assieme diventassero una piazza, sotto lo sguardo torvo ma impotente dei militari. Quando i responsabili della stalla vengono “arrestati” ogni giorno per intimidirli, questi si organizzano, trasformando quella pausa forzata in tempo libero con giochi, libri e cibo alla griglia. Sentono per la prima volta di essere più forti e uniti degli israeliani, ma questo sentimento non è destinato a durare a lungo.
Mi ha colpito sentire dai protagonisti come la prima Intifada, con tutta la forza e l’unità popolare che l’ha sostenuta, sarebbe stata in qualche modo “soffocata” dagli stessi capi palestinesi. Gli accordi di Oslo, calati dall’alto sulla popolazione palestinese, hanno vanificato i risultati ottenuti tramite l’Intifada e di conseguenza anche tutti gli sforzi per proteggere le mucche. Nella fase conclusiva, il senso di leggero trionfo dato da una ribellione in qualche modo riuscita, lascia spazio ad un senso di abbandono e tristezza che ritengo continui fino ad oggi.
A cura di Giulia